ANR
Associazione Nazionale per la Ricostruzione fra danneggiati di Guerra
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La Memoria Come Dovere
"La memoria ha senso se si risale alle radici dei fatti e perciò il fascismo, le leggi razziali, il macabro progetto hitleriano di sterminio di una razza, i milioni di morti nei forni… Ma anche le migliaia di antifascisti finiti nei lager per aver difeso la libertà di tutti, il ruolo essenziale della Resistenza, i valori fondamentali che hanno unito il nostro popolo e hanno consentito la costruzione della nostra Repubblica".
La moglie Lara ha chiesto agli amici e sodali di ricordarlo soprattutto con iniziative dirette nel campo della Memoria e del Ricordo storico
Giovanni, mio padre.
"Ho qualche nitido ricordo di mio padre, sensazioni che hanno avuto un effetto determinante sulla mia crescita. L'agitazione che c'era in casa a partire dalla marcia su Roma. Benché avessi soltanto quattro o cinque anni ricordo che le parole 'fascismo', 'fascisti', 'squadristi' le ascoltavo frequentemente e riecheggiavano con accenti paurosi, sia quando veniva prospettata la possibilità che venissero gli squadristi a invaderci casa, sia quando noi bambini venivamo mandati a dormire in altre case, presso congiunti. In particolare ho la visione chiara, sono passati ottanta anni ma è come fosse stato ieri, di mio padre dopo l'aggressione del 26 dicembre 1923 da parte della banda del Viminale: quella di Dumini e soci, la stessa che uccise Matteotti. Mio padre si stava avviando al quotidiano 'Il Mondo' e fu picchiato. Lo ricordo a letto bendato, una processione di amici a visitarlo. Peggio ancora lo ricordo dopo l'aggressione del 20 luglio 1925 a Montecatini. Lì fu ridotto male e le conseguenze gli furono fatali: rientrò a Roma tutto bendato, sanguinante e stette parecchio tempo in queste condizioni. Stentava a riprendersi. Lo ricordo bene, perché era costretto a passare molto tempo a casa, nell'intervallo tra un primo viaggio in Francia per curarsi ed un secondo per operarsi. Lo ricordo su una poltrona sempre febbricitante. Da quel secondo viaggio non ritornò: quando andarono per operarlo non c'era più niente da fare, le manganellate avevano leso irreparabilmente i polmoni. Restammo orfani, la mamma era in una casa di cura per malattie nervose, fummo accolti a Napoli dallo zio. Tutto questo contribuì ad instillare in noi sentimenti di avversione, di odio, il desiderio di punizione. Crescendo e potendo consultare le carte, i libri, i giornali della biblioteca di mio padre, i volumi dei suoi interventi in Parlamento, cominciai a dare una ragione politica a questi sentimenti".
La Guerra.
"Non credo si possa insegnare a resistere al di fuori di un contesto. E' la realtà che ti spinge ad imparare e in questa realtà il pericolo più serio è la guerra, e che guerra! E sono proprio i giovani i più diretti interessati: del resto credo che dalla famiglia avranno avuto ricordi e riflessioni sulle conseguenze della guerra".
I Giovani.
"La scuola può avere un ruolo determinante nell'aiutare i giovani a riflettere, a sviluppare un esercizio critico attraverso l'esposizione dei fatti reali. Forse la mia generazione è apparsa ai giovani un po' enfatica: dei predicatori, degli esibizionisti che campavano sulle passate benemerenze. Infatti siamo stati poco capaci di ascoltarli, di capirne le delusioni, di accettarne le critiche. Ma sino a quando ci sarò sono disponibile a incontrarli in qualunque momento, in qualsiasi circostanza".
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Pietro Amendola |
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